Perché parlarne mentre quasi tutti ne sembrano entusiasti
Facciamo investire in azioni i nostri clienti utilizzando la finanza comportamentale dal 2001. Per capirci, il Nobel per l’economia è stato assegnato per la prima volta ad uno studioso di finanza comportamentale, Daniel Kahneman, nel 2002.
Quindi quando qualcuno parla di innovazione, finanza comportamentale, robo-advisor, trading algoritmico, machine learning o intelligenza artificiale applicata ai mercati finanziari sappiamo bene di cosa si tratta. Le nostre pubblicazioni scientifiche lo dimostrano (le principali le trovi linkate su massironi.com).
Un numero crescente di investitori oggi prova ad usare l’intelligenza artificiale, il machine learning, il deep learning, i robo advisor, il trading algoritmico per cercare di “vedere qualcosa che gli altri non vedono ancora”, per provare ad essere un passo avanti al resto del mercato.
Per questo crediamo sia importante chiedersi quali sono i limiti attuali dell’intelligenza artificiale applicata agli investimenti finanziari.
Questa, brevemente, è la nostra idea sullo stato dell’arte
Alcune applicazioni dell’intelligenza artificiale offrono un qualche vantaggio. La maggior parte tuttavia, soprattutto quelle più semplici e orientate ai piccoli investitori, sono talmente diffuse e accessibili che probabilmente non offrono nessun reale vantaggio a chi le impiega. Ma anzi rischiano di ingenerare un falso senso di sicurezza legato all’affidarsi ad una “macchina” che si suppone precisa.
Le situazioni peggiori sono quelle in cui l’impiego dell’intelligenza artificiale è un mero argomento di vendita, per via della sua novità. Subito dopo vengono le situazioni in cui l’intelligenza artificiale è applicata con qualche cognizione, ma al prevalente scopo di ridurre i costi del servizio di investimento offerto.
E persino tra chi applica l’intelligenza artificiale con intelligenza i disastri non sono impossibili. L’intelligenza artificiale, il machine learning, il deep learning sono sostanzialmente forme di analisi statistica dei dati. In molti casi si tratta di tecniche di statistica inferenziale identiche a quelle utilizzate da anni per la ricerca scientifica nelle università, che oggi, grazie alla diffusione dei computer, vengono applicate a dati provenienti dai mercati finanziari.
Chi ha impiegato la statistica per la ricerca universitaria, spesso sa quanto è facile prendere un abbaglio statistico, e ha chiari i limiti conoscitivi di una correlazione o di una regressione lineare. E ancora sa che queste metodologie sono adatte per studiare i fenomeni naturali, come ad esempio la forza di gravità, in cui quando scopri una regolarità nei dati spesso hai scoperto una regola che non cambierà nel tempo. Mentre questi sistemi sono molto meno efficaci per studiare i fenomeni sociali, come i mercati finanziari, in cui dopo che hai scoperto una regolarità, gli esseri umani che compongono i mercati cambiano, la regolarità su cui facevi affidamento cessa di funzionare, e tu perdi un sacco di soldi.
Anche rispetto alle reti neurali, o deep learning, che sono in questo momento la forma più avanzata di intelligenza artificiale, esiste un intero filone di studi, quello sugli “Adversarial examples” che mostra quanto è facile trarre in inganno una rete neurale. Più o meno nello stesso modo in cui poche banali linee su di un foglio di carta, formando una illusione ottica, traggono in inganno il nostro sistema percettivo.
Le reti neurali, tuttavia –con la loro capacità di “tritare” quantitativi di dati (immagini, documenti scritti, altri dati non strutturati) che risultano troppo grandi per essere letti da un analista umano o da un gruppo di analisti umani–sono il settore più interessante per gli investitori. Sebbene si tratti di applicazioni che per lo più non raggiungono il pubblico retail.
La nostra strategia attuale come investitori rispetto all’intelligenza artificiale
Come osservava l’economista (e investitore) John Maynard Keynes, investire “è la sola sfera della vita in cui la vittoria, la sicurezza e il successo vanno alla minoranza e mai alla maggioranza”. In questo senso rispetto alla maggioranza che si sta provando di utilizzare—in maniera più o meno intelligente— l’intelligenza artificiale per investire, crediamo che la cosa più sensata da fare sia impegnarsi a vedere i limiti dell’intelligenza artificiale per cercare un vantaggio rispetto a chi la usa.
Per un lungo periodo di tempo nella storia dei mercati finanziari, avidità e paura sono state due emozioni in grado di spingere i mercati a momenti periodici di irrazionalità e di inefficienze nei prezzi dei titoli. Ora a queste due fonti di inefficienza dei mercati se ne affianca una nuova, creata dal crescente quantitativo di denaro investito secondo regole pre definite, come gli ETF, o anche capaci di evolvere ma comunque automatizzate, come con i robo advisor per gli investitori retail e il trading algoritmico degli hedge fund.
Crediamo che essere un passo avanti agli altri oggi non significa impiegare come come fanno tutti l’intelligenza artificiale, ma comprendere gli effetti sui mercati di un sempre più diffuso impiego dell’intelligenza artificiale.
Se vuoi discuterne più nel dettaglio ci trovi qui.
— Carlo Massironi